Patologia ambientale acustica

[Relazione redatta in occasione del Convegno Internazionale “Salute e Disuguaglianze Sociali” – Università di Pescara 23-25/11/2006]

Qualità della vita, patologie e terapie riguardanti l’ambiente

Il problema della salute assume oggi sempre di più aspetti diversificati e non sempre immediatamente diagnosticabili.
Ciò si verifica attraverso numerosi casi di patologie i cui sintomi si manifestano in stati di malessere più o meno evidenti: dall’allergia che lascia traccia sul corpo, allo stato di depressione senza “giusta causa”. Emerge una materia di studio che va oltre la medicina classica e investe altri campi, sociologici psicologici e, non ultimo, ambientali.
L’inquinamento urbano e rurale contribuisce a rafforzare un nuovo tipo di patologia che attraversa l’organismo umano, a partire dal contesto che lo avvolge, inquadrabile come “patologia ambientale”. Per “patologia ambientale” va intesa ogni forma di disagio indotto all’individuo, per via di elementi originariamente estranei all’ambiente, che si infiltrano nello spazio sociale, potenzialmente interattivo: dai rumori del traffico agli odori provenienti da una discarica limitrofa, all’eccesso di luci e di abbagli luminosi in prossimità di attività terziarie, di intrattenimento ecc.
La “patologia ambientale” si manifesta in seguito alle esalazioni di molecole nell’aria, (dando origine a malattie respiratorie e allergie) e altresì si manifesta attraverso l’emanazione persistente nell’ambiente di elementi acustici, i cui effetti sommati causano ciò che è definibile come “patologia ambientale acustica”. Suoni e rumori incidono sui soggetti in misura concreta, indipendentemente da come questi li recepiscono, procurando stati di ansia, stress, ipoacusia, problemi cardiovascolari. [1] A questi si aggiungono una serie i malesseri sociali, quale riflesso di un disagio che agisce sui sensi, traducendosi in stati d’animo e comportamenti generalizzati.
Non tutti i soggetti reagiscono in modo uguale agli stimoli ambientali. Ciò dipende dai ricettori del cervello che caratterizzano ogni soggetto. Alcuni soggetti sono suscettibili ai cambiamenti climatici, altri sono sensibili all’invasività degli stimoli acustici. Mentre nel primo caso si tratta di fattori ambientali inevitabili, nel secondo caso, la sensibilità del soggetto dipende dal grado di pervasività con cui gli elementi sonori vengono indotti nell’ambiente.
Differentemente dal soggetto che soffre per via dei fattori climatici, il soggetto sovraesposto all’emanazione di suoni e rumori continui, soffre per un fatto di deformazione dell’ambiente. Che coinvolge allo stesso modo tutti i soggetti, anche quelli che non avvertono il fastidio: la sovraesposizione al rumore impone comunque un sovraccarico sull’organismo, che degenera in stati di malessere e sordità precoce.[2]
Se la reazione allo stimolo ambientale varia da soggetto a soggetto, l’ambiente rimane un contenitore unico e invariabile di elementi potenzialmente inquinanti, portatori di disagi e patologie reali, indipendentemente da come il soggetto reagisce.
Un intervento preventivo dovrebbe riguardare in primo luogo il contesto che avvolge l’individuo: il soggetto sofferente può migliorare il suo stato sviluppando azioni efficaci sull’ambiente, coalizzandosi con altri soggetti che denunciano il disagio, e agendo poi per vie legali. Oppure può cambiare ambiente. Questa cura pone però altri problemi economici, psicologici, di scelte e di costi, che a propria volta creano tensioni e stati emotivi ansiosi perché pochi possono permettersi di licenziarsi da un posto di lavoro acusticamente infetto o di cambiare abitazione con disinvoltura, tanto più che gli ambienti “acusticamente malati” sono sempre più numerosi e molti riguardano i luoghi di lavoro oltre che gli spazi abitativi (uffici, punti/vendita e tutti i luoghi di condivisione attualmente avvolti dal sonoro meccanico). A parte casi elitari di aree di quiete particolarmente protette, gli spazi urbani, chiusi e aperti, in cui si svolgono attività legate al lavoro e al consumo, sono spesso anche quelli più esposti al contagio di stimoli invasivi: di rumori del traffico, di insegne luminose. Di suoni riprodotti che si impongono nell’ambiente prevaricando i suoni naturali (voce umana, rumore dei passi ecc.).
La pianificazione dei centri urbani e l’attuazione di politiche amministrative che non provvedono ad isolare le zone di vita notturna da quelle abitative è all’origine della “patologia ambientale acustica”. La mancata regolarizzazione del transito, può far ammalare l’ambiente, imponendo stimoli rumorosi e ansiogeni che, nello stordimento generale, vanno a penalizzare l’utenza più esposta al rischio sulle strade (pedoni, ciclisti, anziani, bambini ecc.).
La “patologia ambientale acustica” va individuata distinguendola dal puro disagio soggettivo a fronte di situazioni particolari (fastidio verso i colori, modi fare, di pensare, ecc), identificandola con una deformazione dell’ambiente, curabile partendo dall’ambiente stesso.

Quali sono le conseguenze sugli individui?

La “patologia ambientale acustica” si riflette sugli individui sconvolgendo le funzioni quotidiane più importanti, come quella del sonno, che è uno dei maggiori stabilizzatori della salute fisica e mentale.[3] La persona che non riposa inizia ad avvertire una serie di malesseri fisici e depressivi. Questo disagio si riflette nei rapporti tra l’uomo e la comunità: scarso rendimento a scuola e nel lavoro, rapporti difficili tra colleghi e famigliari).
Nella metropoli contemporanea aumentano le situazioni di congestione da traffico nelle ore serali e notturne. I rumori urbani attuali, soprattutto durante l’intervallo dalle ore 18 alle ore 6 del mattino, sono particolarmente eccitanti per il sistema nervoso. In alcune zone urbane l’ambiente si trasforma in un territorio minato da schiamazzi continui, colonne sonore che fuoriescono dai locali e dalle autoradio dei consumatori stazionanti (i casi delle piazze di Bologna, di Padova, di C.so Como a Milano). Situazioni di traffico in fase di manovra, soprattutto nelle ore notturne, rendono l’ambiente particolarmente incoerente nei confronti dei ritmi umani. È questo un aspetto del traffico piuttosto attuale, che, oltre al fastidio del rumore, procura stati di ansia, associabili a situazioni di pericolo, attraverso gli effetti di forti sgommate e frenate improvvise, particolarmente sollecitanti quando avvertite durante il sonno.
Il malessere da stress metropolitano procura dei sintomi precisi, ma non sempre è patologicamente definibile. Il soggetto che non soffre per la troppa esposizione alla massa sonora, avverte stanchezza e nervosismo ma non si rende conto dell’origine di un danno che, apparentemente non lo disturba.[4]
Come tanti esseri viventi, l’essere umano si lascia assopire dal fenomeno ambientale: la rana schizza fuori dalla vasca in seguito al gettito di acqua bollente e allo stesso modo si lascia uccidere passivamente, quando nella stessa vasca, l’acqua cuoce con lentezza. L’individuo non reagisce alla “patologia ambientale acustica” e, pur avvertendone i sintomi, permette ad essa di danneggiarlo a poco a poco.
La coscienza di una patologia ambientale in tutti i suoi aspetti è ancora socialmente molto scarsa. Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico si pensi solo all’utilizzo sconsiderato di automezzi, nonostante sia accertato che questi sono tra le principali cause dei disturbi da asma che affliggono sempre più i bambini. Il soggetto afflitto da “patologia ambientale” di questo tipo, viene curato clinicamente perché i suoi sintomi asmatici sono clinicamente diagnosticabili.
Colui che soffre per la troppa esposizione a suoni che gravano sul suo organismo ( e ne è cosciente), cerca riparo in situazioni di neutralità sempre più rare nei pubblici spazi. Colui che invece non riconosce l’origine dei suoi sintomi, si rivolge alle strutture sanitarie e di supporto psicologico.[5]
Dal punto di vista psicologico, l’ipersensibilità a suoni e rumori continui, può essere affrontata in modi diversi. Non in tutti i casi il soggetto sofferente viene curato da punto di vista patologico ambientale. In alcuni casi, la sua ipersensibilità e sofferenza viene attribuita ad altri fattori di malessere cui è giusto risalire mediante una terapia psicoanalitica. Oppure intervenendo attraverso tecniche terapeutiche alternative (training autogeno, terapie di gruppo, psicoterapie, ecc.). Attraverso la terapia, il soggetto sofferente potrebbe “elevarsi” al di sopra del proprio disagio, allineandosi assieme a coloro che ne rimangono indisturbati. Ma tutto ciò che riguarda il danno che il sovraccarico sonoro crea all’organismo, verrebbe in questo modo tralasciato.
L’applicazione di tecniche di estraniazione implica di per sé un ulteriore sforzo della mente e quindi un ulteriore sovraccarico che grava sull’organismo.[6] Lo sforzo per reprimere l’irritabilità nei confronti di suoni e rumori eccessivi può far abbassare la soglia di accettazione verso altre intolleranze: il soggetto subisce con autocontrollo l’eccesso rumoroso, ma poi si irrita smisuratamente per un fatto accidentale di scarso conto.
L’elevazione psicologica di massa, al punto che nessuno avverte più alcuna sofferenza verso suoni e rumori eccessivi e persistenti, implicherebbe l’annullamento totale del concetto di “patologia ambientale acustica”, lasciando il libero accesso alla proliferazione sempre più selvaggia di effetti sonori superflui. In pratica si diventerebbe tutti degli apatici “bombardati acustici”, affetti da sordità generalizzata, costretti a compiere continui sforzi di concentrazione: curiosa contraddizione, dato che nella società contemporanea, distrazione e scarsa prontezza reattiva sono poco compatibili con il succedersi rapido degli eventi.
L’annullamento del concetto di “patologia ambientale”, che diventa patologia dell’individuo, porterebbe così ad un degrado progressivo dell’ambiente in tutti quei suoi aspetti di inquinamento che ancora non comportano una presa di coscienza sociale, come l’inquinamento luminoso e sonoro. Spazio pubblico e privato continuano a distinguersi secondo i parametri di sempre ma qualcosa sta cambiando perché le aree destinate alla collettività vengono progressivamente erose attraverso la loro commercializzazione, che significa traffico da carico e scarico di merci, segnali acustici che invadono l’ambiente, colonne sonore che richiamano al consumo.
Le aziende sanitarie locali offrono un servizio di intervento ancora molto debole e lento in risposta ai sempre più casi di denuncia che pervengono da parte di abitanti che risiedono in aree perennemente congestionate da traffico di veicoli e insediamenti umani finalizzati al consumo di bevande.
A questo punto si pongono alcuni interrogativi che riguardano la presenza di sintomi derivanti da patologia ambientale e l’intervento sanitario come risposta a tali sintomi, una volta che questi si sono già presentati.
Le Arpa (Agenzia Regionale Protezione Ambiente) sono preposte alla tutela dell’ambiente anche nel caso di inquinamento acustico. La cura è preventiva e repressiva di bonifica. Trattandosi di un impianto di amplificazione che disturba il vicinato, l’intervento è abbastanza rapido. Trattandosi di un cavalcavia o di un aeroporto, sorti in prossimità di quartieri abitati, la cura è assai più lunga e complicata. Le ASL (Aziende Sanitarie Locali) intervengono nel caso degli ambienti di lavoro perché lì c’è un nesso diretto tra eccessivo rumore degli impianti e insorgenza della sordità. Per il resto, la “patologia ambientale acustica” continua ad essere affrontata esclusivamente attraverso i sintomi.
Possiamo continuare a fare affidamento, per quanto riguarda la cura di sintomi che derivano dall’ambiente, all’intervento medico sanitario? In fin dei conti, nel momento in cui la persona afflitta da malesseri ambientali si rivolge alla sanità, il danno è già stato subìto. Il vero intervento avrebbe dovuto riguardare fin da subito l’ambiente. Le istituzioni pubbliche devono sviluppare attività di ricerca che sensibilizzino l’opinione pubblica. Non si muore di “patologia ambientale” quando questa riguarda l’eccesso sonoro. Tuttavia si vive male.
Come spesso avviene nel corso di una malattia, altri fattori e altre cause subentrano comportando una degenerazione della patologia stessa. Una lieve bronchite, se trascurata, può degenerare in una polmonite e così via. Il processo patologico ambientale acustico sta subendo anch’esso delle trasformazioni, che portano questa patologia a degenerare attraverso la diffusione sonora proveniente da impianti fissi centralizzati in sempre più ambienti pubblici, dalla sala d’aspetto, alla spiaggia. Quando è sufficiente installare un altoparlante, i cui effetti infettano larghi diametri di spazio pubblico, trasformandolo in un campo di ricezione coatta, perdono senso anche le cause amministrative politiche, di mancata tutela delle aree di quiete attraverso la pianificazione acustica del territorio. Si pensi solo al fatto che gli ambienti dell’istruzione e delle cure mediche sono anch’essi ambienti malati, con gli impianti di amplificazione che diffondono programmi radiofonici e musica nelle aule, e nei reparti degli ospedali. È questo un processo degenerativo patologico che rischia di diventare irreversibile proprio nella sua legittimità auto/acquisita, che arriva a patologicizzare impunemente gli ambienti che più dovrebbero essere protetti.[7]
L’ambiente acusticamente malato è diventato quello in cui, magari non ci sono rumori di lavori in corso e di traffico, ma c’è un eccesso di amplificazione sonora attraverso sistemi connaturati al funzionamento stesso del servizio: il sonoro funziona automaticamente nel momento in cui la struttura diventa operativa. Nessuno può spegnerlo e nemmeno modularlo.
È questo un esempio di patologia ambientale particolarmente emblematico quanto grave. Non solo la malattia viene subita passivamente, ma viene indotta in sempre più ambienti, senza alcuna controparte in cambio: l’ufficio pubblico non diventa più agevole ed efficiente attraverso la diffusione di musica e programmi radiofonici, così lo stesso l’ospedale. È l’ambiente che si ammala in modo legittimo, autorizzato, quindi a livello irreversibile.
Nel mio ultimo saggio parlo di “area neutra” quale spazio pubblico, esente dalla presenza di suoni artificialmente indotti, non necessari al funzionamento di un servizio. Questo ambiente, che può trovarsi ovunque, rappresenterebbe l’ambiente sano, non nel senso di particolarmente pulito e salubre, quanto di “libero” dall’induzione di atmosfere e segnali sonori che creano interferenza con lo spazio dei propri pensieri e della comunicazione verbale. [8]
Come si è curato l’ambiente abolendo il fumo passivo nei pubblici spazi (senza crearne di appositi), è possibile curare l’ambiente acusticamente malato recuperando il neutro. E l’intervento più urgente è da porsi sul piano legislativo.
Come in molti si sono accorti, solo in seguito all’applicazione di apposite norme, che l’ambiente non contaminato da fumo passivo è più gradevole, la stessa cosa può verificarsi per quanto riguarda gli ambienti acusticamente infetti. Solo in seguito al loro risanamento.

Note

[1] Secondo i valori guida per ambienti specifici stabiliti dall’OMS e dall’Unione Europea, una larga percentuale di popolazione in Europa è esposta a livelli inaccettabili di rumore e questa percentuale è in aumento. Il 15% della popolazione era esposta nel 1980 durante le 24 ore a livelli di rumore al di sopra di 65 dB. LAeq. E questa percentuale è andata aumentando fino ad arrivare al 26% nel 1990. Circa il 45% della popolazione europea è esposta a livelli di rumore che sono causa di importanti sensazioni di fastidio o malessere, impossibilità a conversare e disturbi del sonno; tali disturbi si verificano infatti a seguito di esposizione a livelli compresi fra 55 e 65 dB. LAeq per le 24 ore. Alcuni Paesi europei hanno già effettuato il monitoraggio del rumore ed hanno fissato dei limiti all’inquinamento acustico per le zone più sensibili. Il rumore elevato può causare diminuzione dell’udito, anche se questo rischio si può considerare trascurabile per la popolazione generale, se esposta a livelli di rumore sotto i 70 dB LAeq, per 24 ore al giorno.
Tale rischio è invece reale, e la situazione si presenta preoccupante, in riferimento ad attività ricreative e di svago (ad es. le discoteche), che interessano larghe fasce di popolazione giovanile; dalle poche indagini effettuate all’interno di discoteche italiane, si evidenzia il frequente superamento dei limiti di immissione acustica (95 dB LAeq e 103 dB LAmax) previsti dalla recente normativa in Italia.
C’è un’evidenza sempre maggiore che mostra un effetto del rumore sull’insorgenza della cardiopatia ischemica e l’ipertensione, a livelli compresi fra 65 e 70 dB. LAeq. La percentuale fra i vari fattori di rischio, che sono alla base di tali patologie cardiocircolatorie, è piccola. Ma dal momento che una larga fetta di popolazione, soprattutto in Italia, è esposta a tali livelli di rumore, questo potrebbe avere una grande importanza nel campo della sanità pubblica e della prevenzione.
G. Marchese,Igiene e Sanità Pubblica-Az. Sanitaria di Firenze. Corso Indoor-Firenze 4 Ottobre 2004
-Massa 3 Novembre 2004 -Rumore, effetti sulla salute
[2] C. Rodini, psicoanalista, docente di scienze della formazione. Da incontro avvenuto a Milano nel giugno 2006.
[3] Il rumore può disturbare il sonno anche attraverso la riduzione della fase di sonno profondo, aumento dei risvegli ed effetti avversi dopo il risveglio come affaticamento e deficit delle prestazioni. G. Marchese, op. cit.
[4] Il rumore elevato aumenta i comportamenti aggressivi sui soggetti predisposti e sopra 80 dB LAeq si riducono i riflessi istintivi in risposta a situazioni di pericolo. G. Marchese, op. cit
[5] Normalmente il soggetto affetto da stato di ansia si rivolge al medico di base e in seguito può essere indirizzato ai centri territoriali deputati alla salute mentale CPS (Centri Psicosociali) dove i soggetti possono essere curati attraverso un approccio psichiatrico, con farmaci oppure attraverso la psicoterapia. Altresì il soggetto può rivolgersi ai consultori attraverso ASL (Aziende Sanitarie Locali), dove riceve un supporto esclusivamente psicoterapico che non prevede la prescrizione di farmaci: questi vengono prescritti in prima istanza dal medico di base. In tutti questi casi la comprensione dell’impatto ambientale sulla persona è ancora molto debole. Il fattore ambientale, quale stimolo esterno, viene considerato assieme a una serie di stimoli interni (emotivi, di avvenimenti interpersonali, eventi della vita), e si lavora più su una situazione globale che raccoglie tutti i fattori.
[6] Il rumore può interferire con le attività mentali che richiedono molta attenzione, memoria ed abilità nell’affrontare problemi complessi. Le strategie di adattamento (come regolare o ignorare il rumore) e lo sforzo necessario per mantenere le prestazioni sono state associate ad aumento della pressione arteriosa e ad elevati livelli ematici degli ormoni legati allo stress. La maggior parte della ricerca sugli effetti non uditivi del rumore sui bambini è stato effettuata sull’apprendimento. La ricerca ha riguardato in particolare la memoria, l’attenzione/percezione ed i risultati scolastici.
La ricerca su rumore e memoria nei bambini è analoga a quella degli adulti; gli effetti del rumore sulla memoria semplice sembrano essere scarsi o assenti. Tuttavia, se l’operazione di memorizzazione richiede una speciale attenzione, allora si manifestano alcuni effetti negativi del rumore. Cioè, se il bambino deve prestare particolare attenzione a causa della difficoltà di un’operazione, il rumore può interferire con la capacità di memorizzare. I livelli acustici medi in questi studi erano compresi tra 22 e 78 dB(A). La ricerca sull’attenzione suggerisce che i bambini esposti a rumore cronico possono manifestare deficit nella capacità di concentrazione. Sembra che essi sviluppino, per far fronte all’effetto distraente del rumore, strategie di apprendimento che causano stress psicofisico. Parecchi studi hanno poi documentato un collegamento fra rumore e risultati scolastici, in particolare la capacità nella lettura. G. Marchese, op. cit.
[7] Nelle aule scolastiche e nelle sale congressuali in cui si trovano rispettivamente, bambini (che sono particolarmente sensibili agli effetti del rumore) e persone anziane con diminuzione dell’udito, il rumore di fondo dovrebbe essere di 10 dB.LAeq più basso rispetto alla voce dell’insegnante o dello speaker. G. Marchese, op. cit.
[8] Vedi S. Zambrini, “L’erosione del neutro”. Viaggio nella dimensione urbana dei sensi. Goliardiche Edizioni Trieste 2006.