Ecologi e sociologi a confronto

Relazione post workshop “Nuovi paradigmi dello sviluppo: scienze sociali e ecologiche a confronto”

“A fianco dei fenomeni di inquinamento atmosferico, idrosferico e via dicendo, esiste un fenomeno di inquinamento inosservato… Ridotto progressivamente a niente dai diversi mezzi di trasporto e di comunicazione istantanea, l’ambiente geofisico subisce un’inquietante squalifica della sua profondità di campo, che degrada i rapporti dell’uomo con ciò che gli è intorno” [1]. Ciò di cui sto trattando riguarda due aspetti ancora poco considerati quando si parla di ecologia e di ambiente. Uno è lo spazio urbano nei suoi punti di sosta e di attraversamento (dalla strada, al caffé, alla stazione). E l’altro aspetto, molto legato al primo, riguarda lo spazio sociale potenzialmente interattivo, ossia lo spazio dell’ascolto e della percezione. La città nasce dalla campagna e dalla sua progressiva erosione. Questo implica una contraddizione se pensiamo alla città come un modello ideale di silenzio e di benessere. Esiste tuttavia la natura anche nelle città, che non è necessariamente quella del parco o del giardino. Si tratta piuttosto di un equilibrio che si stabilisce tra la funzionalità primaria di uno spazio così è stato originariamente pianificato, e la sua essenzialità strutturale sia per quanto riguarda la dimensione spaziale fisica (ad esempio la funzione di transito lungo una strada), che sociale (di interazione ecc.). Ossia si tratta dell’equilibrio che si stabilisce tra ciò che esiste secondo ciò a cui deve servire, e il contesto che concilia questa utilità. Ad esempio la sala di attesa di un ufficio pubblico mantiene la sua funzionalità primaria di attesa e di recupero del proprio tempo se lo spazio attorno permette di stare seduti, e di non essere distratti da voci meccaniche (lo stesso trattandosi di un bar, il ristorante).A volte questo equilibrio si mantiene nonostante si modifichino gli obiettivi iniziali. Ad esempio lo scalo di una ferrovia viene trasformato in un giardino o in un’area posteggio. Nuove finalità rivolte alla collettività si sostituiscono in questo caso a quella originaria, in un ambiente che resta essenziale (senza l’aggiunta di elementi bensì con loro totale sostituzione)… Diversamente questo equilibrio si spezza quando ad esempio, in un area destinata alla quiete come trattandosi di un parco, si erige una discoteca o viene costruito un parcheggio sotterraneo: lo stesso ambiente, espropriato della sua essenzialità basica, diventa terra di abbandono e di degrado, secondo obiettivi completamente estranei a quelli originari, che interessano i privati a discapito della collettività. Nel complesso di può dire che questo equilibrio viene a mancare quando degli elementi estranei si insinuano nell’ambiente, andando a ledere la sua indispensabilità di base: lo spazio si modifica tra restringimenti e interruzioni che ostacolano il transito, con i prolungamenti degli esercizi commerciali, e i parcheggi impropri. Oppure lo spazio si comprime nella sua dimensione sociale attraverso le colonne sonore, i messaggi pubblicitari e rumori ansiogeni causati da un traffico statico, che non fluisce. La vivibilità dei luoghi avviene quindi attraverso la realizzazione degli obiettivi di funzionalità primaria, in un ambiente che rimane essenziale, neutro. Così come l’ossigeno che emettono gli alberi ad alto fusto, anche un luogo costruito dall’uomo ha una sua naturale funzionalità, naturale proprio nel senso che, a tale scopo, questo luogo è all’origine pianificato. Ho coniato il termine del neutro come identificazione dei tanti luoghi che ancora hanno mantenuto la loro funzionalità primaria: di percorso, di attesa, in un contesto anche caotico, senza però che questo spazio sia stato riempito, stipato, eroso della propria essenzialità.Il neutro non è una creazione. Anzi, il mio è un discorso di ripristino, non nel senso di restauro operativo ma nel senso di mantenimento e recupero di ciò che già esiste, togliendo il superfluo. Del resto lo spazio neutro, libero da elementi aggiunti, ha sempre accompagnato l’evolversi delle città, anche durante il periodo dell’industria, perché la città della fabbrica era rumorosa e trafficata, secondo però dei cicli ordinati, intervallati, con le parentesi notturne e i ritmi del traffico simmetrico: casa-fabbrica-casa. Il passaggio alla società del terziario commerciale ha comportato una “farcitura” dell’ambiente urbano attraverso suoni continui, immagini dinamiche, arredi della commercializzazione, e un traffico reticolare sempre più incontrollato: come se la funzionalità originaria dello spazio comune cedesse in parte il posto ad una rappresentazione del medesimo, a discapito della comunicazione a bassa voce e del transito sui rettilinei lungo i quali nessuno dovrebbe incontrare ostacoli, dallo sportivo al diversamente abile. Questi elementi di facile attraversamento, senso di respiro e autonomia mentale caratterizzano l’equilibrio naturale tra la funzionalità delle aree urbane e l’essenzialità di uno sfondo neutro, libero da elementi che lo imprimono e che lo restringono. Gli spazi urbani interstiziali non hanno una loro identità. Per esempio non esistono aree contrassegnate dall’assenza di colonne sonore diffuse e da situazioni di assembramento (a meno che non ci si trovi in prossimità di un ospedale o di altre strutture particolari). Ciò a differenza di altre aree che si sono in tal senso distinte: aree non inquinate, aree salvaguardate, aree verdi, luoghi in cui è vietato fumare ecc. Non per questo gli spazi cerniera, di transito e di attesa sono meno importanti. Al contrario, soprattutto in epoca attuale, è proprio in questi luoghi spesso ibridi che si svolge la quotidianità, tra un impegno e l’altro, su un mezzo di trasporto, durante l’attesa di un servizio, durante una pausa pranzo. Sono i luoghi che più dovrebbero venire incontro alla collettività.Oggi lo studio dell’ambiente investe tante discipline, in particolare le scienze sociali perché le relazioni tra individui, soprattutto attraverso le tecnologie, sono in continua trasformazione, con degli effetti positivi di opportunità e di accorciamento delle distanze, ma anche di disagi che incidono sulla qualità della vita, in certi casi con particolare drammaticità, perché il nuovo paesaggio sonoro ed immaginifico sta modificando la percezione dello spazio, secondo nuove visioni, dimensioni. La capacità di ascolto e osservazione nell’individuo contemporaneo sono in continua trasformazione. La velocità dei mezzi di informazione e di locomozione modifica le distanze anteponendo il tempo allo spazio, incidendo sull’orientamento, sui tempi di reazione. Di fatto. la maggior parte di incidenti sulle strade sono dovuti in primo luogo alla distrazione (dato ISTAT 2007), che a propria volta è causata da una sordità generalizzata che si diffonde con grande rapidità, e alla quale la .società non risponde se non con un lento assopimento, in molti casi isolandosi con l’auricolare, dando vita ad un circolo vizioso tra sordità indotta e sordità auto provocata. Come tanti esseri viventi, l’essere umano si lascia assopire dal fenomeno ambientale: la rana schizza fuori dalla vasca in seguito al gettito di acqua bollente e allo stesso modo si lascia uccidere passivamente, quando nella stessa vasca, l’acqua cuoce con lentezza. L’individuo non reagisce all’amalgama sonoro sovrastante e, pur avvertendone i sintomi, permette ad esso di danneggiarlo a poco a poco. La coscienza di una patologia ambientale in tutti i suoi aspetti è ancora socialmente molto scarsa. Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico si pensi solo all’utilizzo sconsiderato di automezzi, nonostante sia accertato che questi sono tra le principali cause dei disturbi da asma che affliggono sempre più i bambini. Così come l’ambiente fisico soffre di diverse patologie, che lo inquinano e lo degenerano, anche l’ambiente sociale, potenzialmente interattivo può ammalarsi, attraverso un contagio che non dipende dall’individuo singolo, bensì dall’ambiente stesso. Il degrado dell’ambiente urbano attraverso l’equilibrio che si viene a spezzare tra la funzionalità primaria degli spazi e l’essenzialità dello sfondo su cui questa viene a poggiare, investe i punti della terra che non rappresentano il globo nella sua maggiorità, ma in cui si concentrano le relazioni e l’agire degli individui: dalla metropoli, al centro urbano, alla città satellite, alle arterie che collegano i punti della terra in cui si articola la quotidianità. È questa un’alterazione dell’ambiente che non sempre si vede (come nel caso di suoni diffusi), che anche nella sua presenza fisica, intralciante ed anti estetica non viene percepita come erosiva, superflua, bensì quale conseguenza di una commercializzazione che offre servizi alla gente, dal gazebo che occupa il marciapiede, alla concentrazione di veicoli in sosta. È un inquinamento che agisce dove più si articolano le relazioni tra individui perché il degrado ambientale, attraverso il lassismo e la volgarizzazione delle aree pubbliche, si traduce in comportamenti degeneranti, che diventano prassi: traffico incontrollato, parcheggi impropri, assembramenti umani per lo più finalizzati al consumo di beni ultimi.A questo punto, la figura dell’ecologo non può più scindere da quella di colui che studia le trasformazioni sociali su quello stesso territorio che l’ecologo analizza attraverso fenomeni particolari. Allo studio degli equilibri naturali e delle loro metamorfosi sarebbe opportuno affiancare lo studio del degrado urbano e metropolitano secondo i meccanismi di potere che ne determinano lo sfruttamento non solo edilizio ma anche comunicativo e del transito.I luoghi urbani di semplice transito e attesa devono dapprima assumere questa identità, devono anch’essi essere dotati di una natura da salvaguardare, quella che li rende armonici con la comunità degli uomini E la funzionalità primaria rimane il comune denominatore che dovrebbe accomunare l’ecologo e il sociologo: la funzionalità di certi fenomeni naturali nonché del marciapiede libero da impedimenti, dell’area di attesa esente da elementi invasivi e superflui. La neutralità dell’ambiente circostante permette di salvaguardare tale funzionalità agendo da barriera verso tutto ciò che la ostruisce: dalle colossali cementificazioni alle architetture intimidatorie nei luoghi della condivisione. Di fatto la neutra essenzialità di un luogo non significa nudità del medesimo bensì la presenza (o non mancanza) di elementi a favore del cittadino come le panchine lungo i binari di una stazione e al tempo stesso l’assenza di elementi intrusivi come le musiche meccaniche. Oggi diventa importante unire le discipline che analizzano i fenomeni di degrado ambientale e i comportamenti che si modificano a livello collettivo secondo quello stesso processo degenerativo che vede trasformare il cosmo, in entrambi i casi dipendendo dai nuclei di potere di interessi che penalizzano i molti. Senza un confronto costante tra ecologi e sociologi, il rischio è che, talora si intervenga sul fenomeno scientificamente ritenuto dannoso, la sua applicazione nella realtà quotidiana sia ormai arrivata ad un punto di difficile ritorno. È ciò che è accaduto con l’inquinamento causato dalle polveri sottili che non si riesce ugualmente a ridurre perché nel frattempo altri fattori economici e di circolazione concorrono nell’organizzazione complessiva del transito attraverso i veicoli. È ciò che potrebbe accadere qualora si considerassero scientificamente i danni prodotti dall’inquinamento sonoro e luminoso perché nel frattempo altri fattori economici e di informazione concorrono nell’organizzazione dell’informazione fluttuante. Se i grandi temi dell’ambiente e del degrado ecologico riguardano larghi strati della terra comprese le ampie aree non abitate, non va sottovalutato che le contrarietà che derivano dal degrado globale si riflettono con maggiore irruenza su coloro che animano i centri abitati, dal villaggio, alla città, alla metropoli con annessi i suoi satelliti, dando luogo ad una serie di effetti degeneranti a catena: patologie di cui ancora si riesce a conoscere molto, traffico che produce altro inquinamento e costi sociali, disaffezione al territorio che penalizza l’utenza più debole (anziani, pedoni, persone con problemi) favorendo altre forme di degrado urbano e sociale. L’essenzialità di un ambiente che accoglie una comunità di viventi deve rimanere armonica con quella stessa funzionalità vitale che caratterizza un ampio polmone verde, una riserva corallina, o uno spazio in cui gli individui si muovono ed interagiscono. Ciò in un impegno complessivo da parte dell’ecologo e del sociologo (e anche altri studiosi di diverse discipline) per una migliore qualità della vita.

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[1] P. Virilio, La velocità di liberazione, Strategia della lumaca, Roma 1997. cit. pag. 39