Pubblicato in www.bluarte.it, febbraio 2011.
Si sostiene che viviamo nella società dell’immagine ignorando il suono riprodotto, che pone il ricevente sempre al centro dell’esperienza percettiva ed è il vero protagonista dell’attuale paesaggio dei sensi. La radio risulta più invasiva della televisione perché non c’è l’immagine che ruba attenzione all’ascolto. Il suono riprodotto, rispetto all’immagine riflessa ha il potere di essere recepito equamente nello spazio: è possibile sottrarsi all’abbaglio di un’insegna luminosa spostandosi di poco, non altrettanto all’ascolto di una colonna sonora diffusa con altoparlante. Il suono è ovunque e l’udito è sempre operativo. L’immagine risalta attraverso i suoi colori e i suoi impulsi luminosi ma è il suono riprodotto è riuscito a trasformare l’ambiente nella sua globalità.
Il suono di per sé non ha comportato inquinamento ambientale acustico fino a che, amplificato, è divenuto colonna sonora in sempre più luoghi. Il suono dal vivo rimane localizzato e immediatamente riconducibile alla propria fonte (dove si sente suonare un flauto si sa già che molto vicino ci sarà anche un flautista), il suono amplificato diffuso non riverbera, non viene assorbito da pareti e altri ostacoli, anziché perdere di intensità lungo l’ascolto continua a riprodursi in un effetto di rintrono complessivo di cui non si distinguono le fonti.
Questo tipo di disequilibrio ambientale acustico non rappresenta la controparte di un progresso tecnologico bensì la conseguenza di un ostinato utilizzo di tecnologie “vecchie”, superate. L’altoparlante mantiene il suo vecchio ruolo di coinvolgimento e persuasione già utilizzato durante i regimi del ventesimo secolo attraverso il megafono e gli eventi trasmessi alla radio. E’ cambiato il messaggio, ora per lo più pubblicitario e “musicale” ma non il mezzo col medesimo obbiettivo di parlare a più persone Innovativo sarebbe semmai il suono che, pur essendo diffuso, arriva soltanto ad alcuni, oppure il segnale di avviso silente recepito unicamente dall’interessato. Ma il concetto di suono mirato non potrà mai essere compatibile con l’informazione coatta perché questa si avvale del suono riprodotto proprio nella sua grandezza, nella sua stessa sgradevolezza. Il suono supera l’immagine in termini di pervasività tuttavia c’è un punto in cui suono e immagine si bilanciano. Ciò riguarda il contesto sociale di entrambi in termini di abitudini che portano al degrado morale oltre che ambientale. Anche lo stordimento indotto attraverso altoparlante è una forma di privazione della dignità, considerando gli individui come oggetti indistinti che non sanno cosa dire e non hanno nulla a cui pensare, al pari delle immagini che offendono la sentimenti di pudore e di riservatezza. E questo stato di stordimento indotto si contraddice non poco con le prerogative di una società che richiede agli individui la continua specializzazione nelle professioni e l’acquisizione di nuovi elementi proprio in virtù del progresso.
Siamo vittime di uno stallo tecnologico che non accenna a sbloccarsi anche perché il concetto di suono nella coscienza comune continua a distinguersi positivamente da quello di rumore e non permette di vivere appieno le vera possibilità che il progresso di fatto ci sta offrendo, con la rete informatica che ci permette di realizzare infiniti scambi e contatti in tempo reale. Solo che poi è un peccato se nel Caffè dove ci si è dati appuntamento per conoscersi e condividere interessi, una banale colonna sonora impedisce di parlare e comportarsi spontaneamente.